Edoardo Boncinelli, Arcibaldone – Premio speciale della Giuria
L’aforisma è un ingegnosissimo piede di porco per scassinare il mondo e lasciarlo esattamente come prima.
La vita e la morte si conoscevano appena. Buon giorno. Buona sera. Una usciva e l’altra entrava. Arrivò l’uomo e fece le presentazioni.
Come dono la vita è inaccettabile, ma come furtarello presenta degli aspetti interessanti.
C’è chi cerca il senso della vita e chi se la cava con un doppio senso.
Lasciatemi vivere! Quando mi ricapiterà?
Invecchiare significa spesso accettare di non avere più se stessi alle spalle.
Chi ama brucia. Chi non ama si consuma ugualmente, ma senza fiamma.
Si può anche imparare a ingannare il tempo, ma ci vuole un’eternità.
Il diavolo sta nei dettagli e il paradiso nelle briciole.
La via per la semplicità è la più complessa.
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Mauro Parrini, A testa bassa – Primo classificato
L’arte dell’aforista è un’arte dell’equilibrio: compie capriole paradossali, ma non cade mai dalla corda del significato.
Destrezza e onnipotenza mal si conciliano, e questo spiega molte cose al mondo.
Quando lo spirito ha il fiato corto cerca rifugio nell’evidenza, ed è lì di solito che smette di respirare.
Molta cattiva letteratura nasce dal senso di colpa per i traumi infantili che non si è mai
riusciti ad avere.
Il carattere si dimostra soprattutto nell’ostinazione con cui crediamo di averne uno.
L’insonnia imita la morte molto meglio del sonno, perché riesce a guardarla a occhi aperti.
Chi è forte cede spesso alle proprie debolezze, perché non teme mai di esserne travolto.
Il mai abbastanza ha una conoscenza del tutto che è davvero invidiabile.
Mi capita spesso di venire a un punto, ma è sempre un punto interrogativo.
Si parla così tanto che ormai tra il silenzio e lo stare zitti non c’è più differenza.
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Giorgio Gramolini, Frammenti di inesistenza – Menzione d’Onore
Chiamiamo realtà un’illusione con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente.
Confondi la tua personale tristezza nell’infelicità del mondo, e questa notte dormirai più sereno.
Le speranze che abbiamo perduto prima o poi le ritroverà qualcun altro.
Giudica il valore della tua felicità dal prezzo che l’hai dovuta pagare.
Ci sono situazioni davvero perfette in cui di fuori posto non c’è che la nostra presenza.
Prolungamento della vita media: come allungare il brodo dell’esistenza.
Ogni potere trova nei suoi oppositori la propria legittimazione.
Se non volete dirci la verità, fateci almeno sapere ma quali bugie dobbiamo credere.
Chi si sente prezioso pensa a risparmiarsi, chi sa di non esserlo ha fretta di donarsi.
C’è una retorica dello sguardo, più greve di quella delle parole.
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Paolo Montanari, Ogni sintesi è un raggio di luce – Menzione d’Onore
La modernità ha moltiplicato gli immaginari più delle possibilità.
Capito quanto bene fa a noi il benessere degli altri, il più grande egoismo diventa essere altruisti.
Le intenzioni qualificano l’artista, non la sua opera.
Classificare per riconoscere le specificità, non per ordinare gerarchicamente le diversità.
Il ricordo è il lascito del viaggio, la conoscenza il lascito dell’esplorazione.
Non voglio convincere nessuno, mi basta essere testimone di me stesso.
Il gruppo unito solo dall’obiettivo si disgrega con il successo.
Il dubbio è un’ottima sentinella ma un pessimo compagno di viaggio.
Il futuro non chiede permesso.
Solo la morte è più democratica della stupidità.
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Mario Postizzi, Aforismi tra la vita e la morte – Riconoscimento Speciale
Andare al fronte, fino a raggiungere la linea di fuoco, in attesa di un lampo di genio che non abbia nulla da aggiungere.
Corriamo verso l’universale: non è un giudizio ma, per ora, un diluvio.
Anarchico: il politico che non vuol venire a capo di nulla.
La confessione, questa passerella a strapiombo gettata tra i roveti della coscienza e il promontorio della lingua.
Nella corsa aforistica, vince chi sa trovare la scorciatoia che allunga i passi del pensiero.
Plagio: un copione che si ripete.
La verità non l’ho mai incontrata, ma la vedo dappertutto.
Per dare senso alla cataratta sogna a occhi aperti.
Il futuro è così vicino al passato che non lo ricordo.
Non c’è più religione! Non sai a quale ateo attaccarti.
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Donatella Bisutti, Ogni spina ha la sua rosa – Riconoscimento Speciale
Molti sono disposti a qualsiasi bassezza pur di salire in alto.
C’è chi finanzia delitti per provare la propria innocenza.
E’ sempre un buon affare trasformare i Valori in valuta.
Con il denaro puoi pagarti una cena, un viaggio, un cadavere.
Si può salvare la vita a qualcuno per mancanza di pietà.
La morte occupa spazio, ci obbliga a svuotare gli armadi.
Ogni attimo di felicità si paga con la sua perdita.
Dei semi gettati uno solo basta all’albero.
Anche dopo una vita di stress il riposo eterno sarà troppo lungo.
Il linguaggio è un modo per prendere le distanze dalla realtà.
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Edoardo Boncinelli: identikit di una personalità.
Testo di Lidia Sella
Edoardo Boncinelli, scienziato di fama internazionale, con il fiuto per la ricerca, avido di tempo per creare e animato da un’insaziabile curiosità intellettuale, che si estrinseca in molteplici campi del sapere, anche letterari.
Il suo è un punto di vista sempre insolito, per certi versi sovversivo, rivoluzionario, tipico del resto di tutte le menti superiori che, in virtù di un approccio innovativo, di rottura, nel corso dei millenni hanno contribuito allo sviluppo del pensiero umano. Scardinare gabbie, superare barriere, oltrepassare colonne d’Ercole: quale più nobile missione, d’altro canto, che procedere, impavidi, lungo la via già tracciata daOdisseo?
A dispetto dell’ostentata irritazione che la filosofia gli procura, Boncinelli ci dona pacchetti di moderna ma intramontabile saggezza, distillati in decenni di letture e in una vita costellata da sorprendenti lampi di riflessione. Arcibaldone è una collana di perle, illuminate dal faro della sua pensosa delicata umanità. Boncinelli è uomo generoso, sensibile, di compagnia, buongustaio dal palato fino, amico prezioso, ascoltatore attento. Mentre gli parli, ti scruta con il suo sguardo ironico e profondo, che si tinge di ammirazione, tenerezza o disappunto, a seconda dell’interlocutore che ha davanti. Intrattiene una conversazione pirotecnica, che ammannisce battute sagaci, fulminanti intuizioni, consigli lungimiranti. Se avessimo registrato i suoi dialoghi, ne avremmo ricavato chissà quante sillogi di aforismi straordinari.
Per gli amici, lui è Dado. In me questo diminutivo rievoca Tyche, l’antica dea greca della fortuna, forse perché mi sembra che oggi il cosmo non potrebbe aver trovato un interprete migliore, per tradurre i propri segreti, così da trasferirli ai più intraprendenti abitanti del pianeta Verdeacqua. E, in quanto prodotto di Madre Natura, anche l’essere umano è oggetto dei suoi studi. Al punto che Edoardo riesce a spiare, analizzare e registrare, da dietro le quinte, persino la più lieve oscillazione nel progredire della malattia che da tempo purtroppo lo affligge. Gli sembra un’ottima occasione per indagare il mistero. E cerca di afferrarlo, da un osservatorio privilegiato, mentre si snoda all’interno di sé.
Concludo con un’annotazione più confidenziale. Spesso Dado è portato a stemperare in celia, che talvolta sconfina addirittura in un morbido sarcasmo, il commovente amore per l’adorata moglie Angela, donna meravigliosa e intelligentissima, che sta al gioco con altrettanta verve e dolcezza. Non ho mai visto un amore tanto sublime incarnarsi nella realtà. Ecco un’ulteriore prova della grandezza d’animo di Edoardo Boncinelli. Non è dunque un caso che i suoi scritti risplendano nel buio di questo tempo oscuro.
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Premio “Torino in Sintesi” 2022
LETTERA ALL’AIPLA DI EDOARDO BONCINELLI
Da sempre ho comprato e letto libri di citazioni e aforismi in varie lingue. Mi piaceva la concisione, lo sguardo penetrante, l’uso perfetto e appropriato della lingua, la saggezza di porre le parole nel giusto ordine, diverso ovviamente da autore a autore.
Nel 1981, quando ci trasferimmo da Napoli a Milano, cominciai a scrivere quache timido aforisma. Lo concepivo mentre guidavo da casa al labotatorio e lo scrivevo appena arrivato nel mio studio. Poi è stato un crescendo fino a che, qualche anno fa, questa è divenuta una delle mie attività prevalenti.
Ma che cos’è un aforisma?
Possiamo definirlo concisamente come un motto, più o meno divertente, più o meno critico, più o meno autobiografico e più o meno profondo. In effetti in greco antico “aforisma” significa più o meno “definizione” “de-limitazione”. Il termine che per me potrebbe renderne al meglio l’idea è “delineazione”, poiché l’aforisma delinea una situazione reale o interiore che l’autore commenta. L’aforisma può avere qualche sbilanciamento nella direzione della simpatia, della critica di costume, della profondità e della vena autobiografica. Queste caratteristiche dovrebbero essere parimenti costitutive dell’aforisma, ma possono intervenire delle variazioni da individuo a individuo. Nei miei prevale la vena autobiografica e la tendenza al motto di spirito. Ciò si addice alla mia personalità, attenta a tutti gli eventi che riguardano corpo e mente e alla mia costante inclinazione per lo scherzo.
Spesso l’anima dell’aforisma è lo spirito paradossale, ovvero affermare qualcosa che, di primo acchito, sembra assurdo. Nella visione di Kant, la risata che segue a una battuta scoppia per la sorpresa sperimentata nell’ascoltarla. Lo spirito paradossale, per l’imprevedibilità di certe affermazioni, sembra invece spalmare la sorpresa su tutto l’aforisma.
L’essere umano è attratto dal paradosso che, nella sua oscurità, cela qualcosa di magico. Tutti i detti delle mitologie e delle religioni hanno qualcosa di paradossale, vedi per esempio “ gli ultimi saranno i primi”. Evidentemente il paradosso ci intriga e incute soggezione.
Lo scopo di un aforisma è quello di descrivere e stigmatizzare alcuni aspetti della realtà, che l’autore giudica rilevanti, per fare una critica sociale, per mostrare lati e aspetti della realtà che lui ritiene siano sfuggiti ai più, per confessarsi. O per pura vanità. Fondamentale è comunque la convinzione di saper vedere cose che altri non distinguono. In questo, scrivere aforismi non è molto diverso dal fare filosofia. Alcuni filosofi, primo fra tutti Nietzsche, si sono infatti mostrati veri maestri del
genere.
Di recente è molto aumentata la frequenza con cui scrivo aforismi, anche dodici o tredici per notte. Mi porto a letto lo smartphone, sul quale annoto alla meglio le idee che via via mi vengono in mente. Al risveglio le trasferisco sul tablet. Semplice ed efficace. Così ho raggiunto e superato quota sedicimila aforismi, un traguardo ragguardevole. Oppure una completa follia. In clinica ne ho scritti veramente tanti, essenzialmente perché scrivevo molto poco di altro. Anche dopo il ritorno a casa, ho notato che il numero degli aforismi che scrivo ogni giorno è inversamente correlato a quanto scrivo di altro.
Con il tempo, i miei aforismi somigliano sempre più a freddure e sono diventati in media sempre più corti.
Il progressivo accorciamento degli aforismi sembra peraltro un fenomeno generale, quasi una moda, probabile conseguenza della circostanza che le persone sono sempre più indaffarate. Oggi tutto va di corsa, anche il tempo dell’ozio e del rilassamento. Un po’ come se, nella navigazione delle giornate, non si volessero lasciare vuoti, forse per sottolineare vieppiù la differenza fra essere vivi o essere morti, cioè tra il quotidiano e il nulla. La continuità, d’altra parte, è probabilmente la miglior garanzia
della non contaminazione con il nulla.
Dovrei tuttavia spiegare perché la lunghezza dei miei aforismi è andata diminuendo, ma non lo so. Tale linea di tendenza potrebbe essere imputabile a una venatura di pigrizia ma vi è presente anche un elemento di sfida. Più breve è l’aforisma, più capacità espressiva si richiede all’autore e massimo è lo sforzo per non essere fraintesi. E io aspiro a essere compreso e non frainteso, mi prefiggo di attirare l’attenzione del lettore, miro a stuzzicarne la curiosità, punto a strappargli un sorriso e una o più riflessioni, tutto in pochissime fulminanti parole. Vorrei essere gradito e saper persuadere. Non mi importa che tutti siano convinti dai miei argomenti – sarebbe quasi impossibile – ma che le loro critiche non siano tali che io non potrei rintuzzarle.
In effetti non posso dire di sentirmi liberissimo, nell’atto di scrivere aforismi. Le mie affermazioni nascono categoriche ma, strada facendo, attenuo il giudizio con parole “diluenti”, come “quasi”, “in genere”, “spesso”, “per lo più”. Mi calo nei panni del lettore e immagino che certi miei giudizi potrebbero essere criticati, magari con una certa ragione, se espressi troppo categoricamente. A me, come a tutti, non piace venir contraddetto. Il problema è che non mi garba di venir contraddetto nemmeno dagli stupidi. E questa è una pretesa assurda. Ad ogni modo gli aforismi sarebbero senz’altro più efficaci se espressi senza esitazioni, ma non posso farci niente.
Certo non ho mai creduto di poter convincere ogni lettore, ma ci tengo a poter difendere con fiducia le mie tesi, al punto che un giudice imparziale potrebbe anche darmi ragione. Un simile giudice naturalmente non esiste, nemmeno in teoria, ma quasi qualunque azione io compia, la eseguo come se mi trovassi al cospetto di un giudice onnisciente e giusto, che assista in continuazione alle mie gesta. I miei aforismi sono il frutto anche di questa assai efficace pratica di igiene mentale. E vorrei restassero come un mio lascito ideale: una sorta di Arcibaldone, parallelo allo Zibaldone di Giacomo Leopardi.