Intervista a Emilio Rega

emilio_rega_

1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

Mi piace molto una definizione riguardante il genere aforistico che è la seguente: “Aforisma: una verità detta in poche parole – epperò detta in modo da stupire più di una menzogna “ (Giovanni Papini). Credo che con queste parole si possa cogliere l’essenza stessa dell’aforisma, che è sempre, quando è riuscito, un’illuminazione, un flash in grado, in un istante, di disvelare la realtà e quindi di sorprenderci perché va oltre le nostre abitudini quotidiane ed i nostri usuali modi di dire e di pensare. Ed inoltre mi piace sottolineare la peculiarità della scrittura aforistica da me prediletta attraverso le parole di Nietzsche: “Chi scrive aforismi non vuole essere letto ma imparato a memoria”. Questo vuol dire che l’aforisma è un frutto maturo, un distillato a cui non si può aggiungere né togliere nulla.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da che cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

L’incontro “fatale” con l’aforisma è avvenuto ai tempi del liceo leggendo gli aforismi de “La gaia scienza” di Friedrich Nietzsche, cosa che mi ha indotto successivamente alla lettura in versione originale delle opere principali del grande filosofo tedesco. Per indole sono un taciturno, un uomo di poche parole e quindi fatalmente propenso a privilegiare la forma breve. Ma credo che ci sia anche una ragione più profonda se consideriamo il porsi dei limiti come una questione etica e non solo di tipo psicologico. Viviamo nel mondo della chiacchiera, del pettegolezzo, del gossip a tutti i costi, i mass media ci travolgono con fiumi straripanti di parole, e tutto ciò, oltreche essere deleterio e distruttivo, non può non avere conseguenze sull’opinione che l’uomo comune si fa del genere aforistico, che è molto snobbato con una netta predilezione per il romanzo che si fa preferire proprio per la sua maggiore lunghezza. Scriveva Karl Kraus: “Quando non si sa scrivere un romanzo riesce più facile di un aforisma”. All’aforisma va dato quindi il merito di essere l’estremo baluardo contro l’alienazione e la massificazione dell’uomo contemporaneo.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Mi è piaciuto molto leggere “I Ricordi” di Marco Aurelio ma fra i classici sento a me congeniali le massime del grande moralista francese La Rochefoucauld. “I caratteri” di La Bruyère sono stati per me una formidabile fonte d’ ispirazione ed ho letto con piacere anche le opere degli altri moralisti francesi tra Seicento e il Settecento Vauvenargues e Chamfort. Per quanto riguarda gli aforismi sull’aforisma mi piace molto la seguente definizione di aforisma che dà Hermann Hesse: “L’aforisma è una sorta di gemma, tanto più preziosa quanto più rara, e godibile solo in dosi minime”.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Devo ammettere di non conoscere a sufficienza la letteratura aforistica contemporanea per poterne dare un giudizio complessivo. Credo comunque, e questo non riguarda soltanto gli aforismi ma la letteratura in generale, che il confronto con i grandi del passato sia necessario perché sono i nostri maestri, ma anche che esso non debba condizionarci a tal punto da deprimere la nostra creatività. Quindi in letteratura, e nel genere aforistico in particolare, non condivido né la saccenteria o la supponenza di taluni, né la disillusione o la desolazione di altri.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Nel relazionarmi col mondo editoriale l’esperienza che ho maturato nel corso di tanti anni mi insegna che il genere aforistico, considerato un genere d’élite e quindi troppo difficile per il lettore medio (sarebbe meglio dire mediocre), pur essendo considerato pregevole nel suo valore intrinseco, non essendo adatto alla vendita non è nemmeno adatto alla pubblicazione. Ed in tempi in cui quello che conta è vendere e sapersi vendere è facile a questo punto trarne le conclusioni.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni
indicheresti?

La mia esperienza come iscritto a “Facebook” dimostra che la mia relazione on line con gli amici più giovani cui dedico la maggior parte delle mie riflessioni e citazioni, essendo immediata, diretta, risulta avere maggiore efficacia del libro i cui tempi di pubblicazione e di diffusione a mio parere sono troppo luinghi, per cui spesso capita che il lettore sia irraggiungibile, o difficilmente raggiungibile. Beninteso questo non significa che le nuove generazioni debbano sostituire il libro col computer. Resterò comunque e sempre un difensore della necessità e del pregio di un buon libro. Occorre solo che l’uno non sostituisca l’altro e viceversa.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…?

E’ sempre opportuno risalire all’etimologia della parola aforisma (aforismo nell’Ottocento e nei primi del Novecento): essa deriva dal greco aphorismos (ove aphorizein composto da apo e horizo vuol dire definire, delimitare, confinare) che significa quindi definizione, dove gli elementi qualificanti sono la brevità e l’esattezza. Esso quindi si distingue da ogni altra comunicazione veloce per la profonda esigenza di verità e di saggezza da cui nasce e di cui si nutre, mentre negli altri casi la brevità è solo sinonimo di superficialità.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Credo che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma a patto che non ci si “diverta” a tempestare quotidianamente gli amici con un numero di citazioni eccessivo il cui effetto alla fine può essere controproducente, cioè può allontanare il lettore dal genere aforistico.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Ho pubblicato il mio primo libro di aforismi nel 1993 e la mia esperienza più che ventennale (ne ho pubblicato altri cinque) dimostra che avevo imboccato la strada giusta. Scrivere aforismi e condividerli con professori universitari, giornalisti, scrittori, artisti in genere è stato per me innanzitutto fonte di maturazione umana oltreche intellettuale e letteraria. Ho sempre sentito quello aforistico come il genere a me congeniale nella brevità, nella sua esattezza, frutto di un incessante studio introspettivo e portatore di elevati valori spirituali nell’inesausta ricerca di un senso da dare all’esistenza.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Credo che una delle principali doti di un buon aforista sia quella dell’ironia ed anche dell’autoironia. Il motto di spirito (Witz), la battuta del buon aforista è folgorante, spiazzante, è qualcosa che, direbbe Freud, scaturisce dall’inconscio, e che non ha timori reverenziali nei riguardi di chicchessia, ma è anche un modo per conoscere più approfonditamente se stessi, in modo spietato ma alla fine vincente.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Rispondo semplicemente con la citazione di un aforisma di Ralph Waldo Emerson: “Subito dopo il creatore di una buona frase viene, in ordine di merito, il primo che la cita”. Intelligenti pauca.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Beh, si vuol sempre più bene all’ultimo nato, ma se proprio devo fare una scelta “Oltre le stelle” è la raccolta di aforismi cui sono più legato perché a partire da essa ho cominciato a prendere coscienza delle mie doti di scrittore di aforismi, non solo, ma anche di poeta, meta da me prima considerata irraggiungibile e che invece il giudizio espresso dal poeta Dante Maffìa, autore della prefazione del volume, ha reso perspicua: “Rega è un saggio non perché, come Montaigne, si sia prima avvelenato di troppa cultura e l’abbia poi espulsa da sé cercando di renderla agevole e prendibile, ma perché sa guardare alle cose e alle azioni umane con sguardo sereno, sa penetrare all’interno degli eventi e scorgerne il filo segreto che li unisce e li disunisce, sa leggere dietro le apparenze, sa scrutare la realtà nel suo farsi e disfarsi. Insomma Rega compie l’operazione che compirebbe un poeta e perciò non credo sia casuale che ‘Oltre le stelle’ sia edito in una collana di poesia”.  

**

Bibliografia

Emilio Rega è nato a Villa San Giovanni (RC) il 2 marzo 1955. Allievo del Professor Alberto Caracciolo (fondamentali le sue lezioni di Filosofia Teoretica per la sua formazione) si è laureato in Filosofia a Genova nel 1981 con una tesi su Robert Musil ottenendo il massimo dei voti e la dignità di stampa e suscitando l’interesse di germanisti di fama internazionale come Claudio Magris e Ferruccio Masini e di Istituti di ricerca all’estero come il Robert-Musil-Archiv Klagenfurt e l’Istituto di germanistica (Robert-Musil-Forschung) dell’Università di Saarbrucken. Da un capitolo della tesi ha poi ricavato un saggio “La conoscenza ed il compito del poeta in Robert Musil” che è piaciuto al noto germanista Luciano Zagari e che è stato pubblicato in “Studi Tedeschi” nel 1986.

Successivamente è cominciata la sua produzione aforistica che comprende i seguenti volumi: Sursum corda Ed. del Leone, 1993 (pubblicato dopo l’approvazione del poeta Paolo Ruffilli in qualità di Direttore Editoriale); Oltre le stelle, Ed. dell’Oleandro, 1997 (con una prefazione di Dante Maffìa); Casus irreducibilis, Ed. Tracce, 1998; 600 aforismi e Ad libitum, Mauro Baroni Editore, 1999; Sussurri e silenzi, egoEdizioni, 2013 (con una prefazione di Lorenzo Spurio). I testi sono stati recensiti dai principali quotidiani della città (“Il Secolo XIX”, “Il Corriere Mercantile”, “Il Giornale”, “La Repubblica”, ecc.) e sono paciuti ad eminenti personalità della cultura come Giorgio Bàrberi Squarotti, Sossio Giametta, Giuseppe Pontiggia, Rosellina Archinto,
Giuseppe Conte, Adriano Sansa, ecc.

Suoi aforismi o suoi interventi sono presenti nei principali siti specialistici come “Aforisticamente”, “Aphorism”, “Aforismario”, “Apoftegma”, “Aforismania”, “PensieriParole”, ecc. Esistono già citazioni dei suoi aforismi in repertori tematici accanto ai più grandi autori della letteratura mondiale (“Passione Aforismi”), alcuni sono già stati tradotti nella lingua spagnola (in “Novakida.es” e in “Taringa.net”) o evidenziati a mo’ di epigrafe come nella pagina di “Facebook” “Pensieri, Parole e…Coccole”.

Nel 2013 è risultato tra i vincitori del concorso aforistico a tema “Tre gocce d’inchiostro” indetto dall’”Associazione Italiana per l’Aforisma”. Ha partecipato inoltre a concorsi di poesia: vincitore della “Farfalla d’argento” al 31° e 32° Concorso 50&Più (2013-14), finalista al “Premio Mario dell’Arco 2014”, premio speciale al “Premio Internazionale di Poesia e Narrativa “Percorsi letterari delle Cinqueterre al
Golfo dei Poeti” I Edizione (2014).

Sue poesie o componimenti sono presenti in antologie come “I poeti contemporanei”, Pagine, 2012; “Premio Orlando” (Prima Edizione 2013); “L’anima delle parole”, Artemuse editrice, 2013; “Qui dove camminano gli angeli”, Artemuse, 2013; “Il
Tiburtino”, Aletti Editore, 2014. E’ autore di una silloge di poesie “Per amore, solo per amore” pubblicata nella “Collana autori premiati e suggeriti”, Vitale Edizioni, 2014.

Intervista ad Amedeo Ansaldi

ANSALDI_opt

1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

La capacità di cogliere le falle che si aprono nella realtà e di porle, senza cedere a ipocrite tentazioni consolatorie o fastidiose reticenze, all’attenzione del lettore. La tendenza a sollevare interrogativi di ordine universale e, contestualmente, l’indisponibilità ad offrire soluzioni. La lapidarietà insolente, il tono apodittico, l’irriducibile scetticismo.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

I primi libri di aforismi che ho letto sono stati i Pensieri di Leopardi e le Massime di La Rochefoucault. Ma sarebbe bastato meno per avvicinarmi al genere.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

I moralisti francesi del Sei e Settecento, Leopardi, Lichtenberg e, fra i moderni, Wilde, Kraus, Lec, Gomez Davila, Porchia, Caraco e soprattutto Cioran. Per rispondere alla seconda domanda: quelli che definiscono i rapporti – liberi al limite dell’ambiguità – tra questo genere letterario e la ‘verità’. Fra i tanti possibili, ne citerei almeno un paio: “L’aforisma non coincide mai con la verità: o è una mezza verità o una verità e
mezzo.” (Kraus); “L’aforisma: una verità detta in poche parole – epperò in modo da stupire più di una menzogna.” (Papini)

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Fra quelle uscite recentemente, mi ha molto impressionato la silloge Non date le parole ai porci di Cesare Viviani. Ritengo che nei tempi lunghi il lavoro dell’AIPLA e degli organizzatori del premio Torino in sintesi darà i suoi frutti, considerando che nella loro orbita (fra membri della giuria e concorrenti) gravita un numero consistente di validi aforisti.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Mi sembra che le ragioni del fenomeno siano colte con grande acutezza nelle prime righe della presentazione, a firma di Anna Longoni, alla brillante silloge Una lama fra le nuvole dell’aforista ticinese Mario Postizzi (mi permetto di riportarne un brano): “Se la brevità sembra renderlo una delle espressioni letterarie più vicine alle forme di comunicazione di oggi, a porlo agli antipodi è la necessità di un lettore complice, capace di indugiare su testi che si consumano in poche righe e di sostare in quello spazio bianco che rappresenta il respiro essenziale della scrittura aforistica…”. Una difficoltà che penso sia sempre esistita, peraltro – anche se oggi è esacerbata dalla pochezza del contesto morale e sociale del nostro Paese. In questa prospettiva l’aforisma può offrire un contributo di rilievo nella creazione di una sacca di incoercibile resistenza culturale.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Per ascoltare un’intervista televisiva sull’aforisma con il prof. Gino Ruozzi – il maggiore studioso italiano di questo genere letterario – bisogna recuperare una trasmissione di qualche anno fa alla Televisione Svizzera. L’aforisma è considerato in Italia un genere secondario, ‘di nicchia’ (come dicono taluni), quasi una curiosità. Ovviamente si tratta di un giudizio destituito di ogni minimo fondamento critico. Superfluo (spero) specificare che con l’aforisma si possono dire cose altrettanto importanti che ricorrendo a un qualsiasi altro genere letterario. Aggiungo (in apparente contraddizione con quanto appena detto) che le 4-5 occasioni in cui ho assistito (o partecipato) a letture pubbliche di aforismi, i presenti hanno mostrato una curiosità e un interesse non convenzionali e in qualche caso si sono mostrati perfino sinceramente divertiti, probabilmente perché il carattere paradossale di questo genere letterario e la sua smagliante inclinazione al capovolgimento delle prospettive consuete presentano, anche, risvolti assai brillanti. Questo particolare aspetto, proprio dell’aforisma, dovrebbe suggerire la possibilità di concreti margini di crescita nella sua promozione fra i lettori comuni, almeno i più avvertiti.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…?

Fatte salve alcune felici eccezioni, che non vanno disconosciute (in questo senso l’amico Fabrizio Caramagna sta svolgendo un preziosissimo lavoro di scavo e di scoperta nell’ambiente di Twitter), l’aforisma si contrappone frontalmente alle varie forme sopraccitate, che ne rappresentano piuttosto la banalizzazione e, in definitiva, la negazione. Le somiglianze sono meramente esteriori, e si limitano alla brevità: il motto, lo slogan, la battuta si distinguono soprattutto per la loro premeditata, sistematica piattezza, beninteso funzionale allo scopo che si prefiggono, concepite come sono per penetrare nel numero più alto possibile di cervelli; l’aforisma si presenta in forma sempre problematica (proponendosi piuttosto di seminare dubbi che di trasmettere convinzioni), e per la complessità stessa della sua natura si preclude il favore della maggior parte dei lettori.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Avendovi accesso chiunque, in Internet prevalgono fatalmente sommarietà di analisi, povertà di argomentazioni, una costante sciatteria formale, semplificazioni odiose… Bisogna anche riconoscere che la Rete è uno strumento di ricerca e di informazione formidabile (che non sostituisce ma in qualche caso può integrare vantaggiosamente la lettura dei libri); come nel mondo reale, mischiato a tanto fango si possono trovare anche dei diamanti. Sono certo che uno spirito scaltrito riesca a individuarli con sicuro istinto.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Credo che lo scrittore di aforismi (o aspirante tale, come il sottoscritto) acquisisca col tempo l’abitudine a riflettere in modo puntiglioso sulle cose e sulle persone, e a ‘maturare’ interiormente, e chiarire a se stesso, una visione del mondo indipendente da qualsiasi condizionamento esterno.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Le stesse che deve possedere qualsiasi altro vero artista: in primo luogo, naturalmente, avere, sotto il profilo umano, qualche cosa da dire; secondariamente aver imparato a padroneggiare gli strumenti per farlo (dopo molti fallimenti, se occorre). Queste due doti da sole magari non bastano: ci vuole anche la fortuna (ché non di altro si tratta) di fonderle organicamente in un’opera, sia essa romanzo, commedia, poesia o anche ‘soltanto’ un aforisma di un paio di righe.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

“Gli aforismi sono vasi che il lettore riempie con il suo vino”,
diceva Prezzolini. Nel mio piccolo, penso anch’io che l’intelligenza di un aforisma debba essere, in misura prevalente, quella che le presta il suo lettore. Detto questo, se capita – non fosse altro che per vanità personale – non mi dispiace essere citato come autore (un paio di volte su internet mi è anche capitato). Io con gli altri lo farei sempre: mi sembra, quanto meno, una forma elementare di correttezza.

– 12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Finora ne ho scritta e pubblicata solo una.

**

Bibliografia

Amedeo Ansaldi è nato a Milano nel 1957. Abita sulla sponda piemontese del Lago Maggiore e di mestiere fa il traduttore. Oltre al Premio Torino in Sintesi, l’autore ha vinto nel 2014 il premio “Le Figure del Pensiero” (sezione aforismi) organizzato dalla Associazione Nazionale Pratiche Filosofiche di Certaldo. Recentemente i suoi aforismi sono apparsi nell’antologia bilingue italiano-inglese The New Italian Aphorists che è stata pubblicata negli Stati Uniti con il patrocinio della Associazione Italiana per l’Aforisma.

Ha pubblicato “Manuale di scetticismo”, Ediz. Puntoacapo.