Intervista a Felice Bonalumi

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1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

E’ bene rivolgere questa domanda allo Spirito: è lui che indirizza l’ispirazione.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Montaigne ti segna per tutta la vita, soprattutto se hai 15-16 anni, non ricordo. Poi vengono gli altri. Per il secondo punto di domanda: una grande autostima.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali
e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Ho già citato Montaigne, ma c’è Cioran, La Rochefoucauld e poi ci aggiungo il nostro Ojetti che continuo a considerare un grande. Cito a memoria da Cioran: più che nella poesia (il che sarebbe romanticume, questo lo dico io) è nell’aforisma che la parola si avvicina a Dio.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Se qualche aforisma di oggi rimarrà, l’autore di quell’aforisma sarà un nuovo classico da aggiungere alla lista. Ma è possibile che per allora l’autore non sarà più da queste parti.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Esiste la parola marketing, ma è inglese.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Esiste la parola marketing, che viene dal latino mercatus.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

L’aforisma apre, le altre forme chiudono.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Il problema non è la Grande Rete, sono i Grandi Stupidi che usano la Grande Rete.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Non mi sento maturo, per questo continuo a scrivere aforismi.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Vedere la vita dal di fuori.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe
davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Non contrariato, incazzato.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

La prossima.

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Bibliografia

Felice Bonalumi è laureato in Filosofia e in Lettere Moderne, professionista nel settore della comunicazione d’impresa e giornalista, ha insegnato in diverse Università. Ha collaborato con il quotidiano Avvenire, occupandosi di arte e ha al suo attivo la cura di diversi cataloghi fra cui, Giancarlo Cerri, Dalla figurazione all’astrazione, Cortina Arte Edizioni, 2010 e Antonio Tonelli, Un viaggiatore nel tempo, Gabriele Mazzotta, 2011. Fra le sue pubblicazioni: Scrivere e comunicare in azienda, Il Sole 24 Ore, 2002 e Scrittura in azienda (lettere, circolari, brochure, libretti illustrativi, comunicati stampa, e.mail), Il Sole 24 Ore, 2008 (entrambe con il prof. Mauro Pecchenino); Teodolinda, una regina per l’Europa, Edizioni San Paolo, 2006; Tutti gli uomini di Dio, raccolta di poesie, ExCogita, 2009; Insegnare con successo, La Scuola, 2012. Sue favole sono pubblicate in: Le fiabe di Valentina, acquerelli di Alberica Jacini, Valentina edizioni, 2002; Le Fiabe di Selvino, pubblicazione a cura del Comune di Selvino, 2006.
Ha al suo attivo diverse plaquettes per le Edizioni Pulcinoelefante e ha tradotto Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, con introduzione di Felice Bonalumi, Edizioni San Paolo, 2008; H. de Balzac, Un tenebroso affare, PaginaUno, 2014.

Inserito nella collettiva di aforismi Geografie minime, a cura di Sandro Montalto (Joker Edizioni, 2015). Ha collaborato e collabora a diverse riviste, in particolare PaginaUno.

Intervista a Rinaldo Caddeo

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1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

La sua brevità, appunto, come prassi creatrice e curativa, a partire da una condizione data della lingua e dei significati dei lessemi e dei sintagmi, (delle singole parole e delle associazioni tra parole), dato che nulla si crea dal nulla. Mi collego all’uso originario, ippocratico, della parola aforisma: precetto medico, che è il significato che ha in Dante. È una medicina del linguaggio. È linguaggio che interrogando se stesso, capovolgendosi, ossigena il cervello delle parole, innesca un training autogeno di crescita autodelimitata. In questa operazione di smantellamento e rimodulazione, entrano in gioco gioco e paradosso, i sensi, i suoi occhi, orecchie, naso, bocca, cervello e i sentimenti del contrario di una lingua.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Da quando ho cominciato a giocare, cioè da sempre.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Da Omero a Ceronetti, passando per Eraclito, Socrate, Tacito, Montaigne, Guicciardini, Montecuccoli, Chuang-tze, Leopardi, Wilde, Kraus, Totò et cetera.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Non lo so. Forse sì: ai posteri l’ardua sentenza.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

C’è mai stato un vero interesse?

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Leggere, con l’accento sulla prima e. Un fenomeno sempre più raro.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

Sì. No. Aforisma: barzelletta (tweet, slogan, battuta, interferenza, vattelapesca) sconosciuta e indisciplinata che non si piega a nessuno scopo (vendita, scambio, piripicchio). Parole di un gioco di parole.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Ciò che conta non è la rete ma il mare.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo? Non lo so.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

“La radice della parola aforisma è la stessa di orizzonte. Il verbo greco horìzo significa delimitare.” (Giuseppe Pontiggia). Tracciare i limiti, guardare il confine. La dote delle doti: tenere insieme sguardo e limite, collegare il centro e la circonferenza, come suggerisce Pontiggia.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

No, purché non gli venga attribuita una paternità abusiva.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

L’ultima e l’unica che ho pubblicato: Etimologie del caos.

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Bibliografia

Rinaldo Caddeo è nato il 7-10-52 a Milano, dove fa l’insegnante in un Liceo della città. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie (Le fionde del gioco e del vuoto, Narciso, Calendario di sabbia, Dialogo con l’ombra), una raccolta di racconti (La lingua del camaleonte) e una di aforismi (Etimologie del caos). Ha inoltre pubblicato Siren’s Song, selected poetry and prose 1989-2009, una raccolta antologica di testi in italiano con testo a fronte in inglese. I suoi aforismi sono apparsi sulle antologie: Nuove declinazioni (2005) e, tradotti in inglese con testo a fronte, The new italian aphorists (2013). Ha pubblicato saggi critici, recensioni, racconti, aforismi, traduzioni e poesie su diverse riviste.

I suoi due saggi più lunghi sono stati Ombre e impronte intertestuali in Buzzati e Gli animali e il mimetismo in Giampiero Neri, apparsi in due volumi di critica: L’attesa e l’ignoto su Buzzati, e Memoria, mimetismo e informazione su Neri.