1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?
L’aforisma permette il massimo di comunicabilità e di significazione, ricorrendo ad una quantità minima di parole. Un po’ come la poesia. A volte un buon aforisma riesce a sintetizzare un’intera concezione estetica, un pensiero filosofico, un’istanza etica. La mia predilezione è dovuta anche ad una motivazione morale, e nulla meglio dell’aforisma mi permette di affrontare questo terreno insidioso senza scivolare nella retorica. Oggi un buon autore di aforismi svolge lo stesso compito dei grandi moralisti del XVIII secolo.
2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?
Sin da giovanissimo ho cominciato a leggere con una matita rossoblu in mano. Come ho documentato nel volume Nero su bianco pubblicato nel 2000, in cui ho raccolto aforismi di autori di ogni tempo, raccoglievo queste perle estrapolandole dalle mie variegate e disordinate letture, per un puro piacere personale. Col tempo questa pratica è divenuta sempre più intensa e selettiva.
3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?
Fondamentalmente gli antichi, quelli che chiamiamo per comodità “i classici”. In loro c’è tutto: etica, filosofia, morale, radicalità civile. Ma anche gli autori anonimi dei libri sacri e i favolisti. Sì, ce ne sono diversi. Alda Merini nel suo primo libretto di aforismi da me
pubblicato e introdotto per le Edizioni Nuove Scritture nel 1992, definisce gli aforismi come ‘incantesimi della notte’. Un’autrice di cui non ricordo più il nome, dice che l’aforisma è un soffio che può increspare il mare. Per me è un grumo minimo di parole capace di generarne altre mille.
4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?
Quelli validi sono pochissimi. La scarsa considerazione degli editori verso questo genere, non spinge gli scrittori a cimentarvisi. Gli autori di teatro potrebbero fare molto, soprattutto sul versante brillante, ma anche il teatro scritto oggi è completamente marginalizzato.
5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?
Gli editori sono succubi del mercato e lo inseguono. Le televisioni, anche se in peggio, almeno sono loro a influenzare gusti e tendenze del pubblico; l’editoria no, ha rinunciato. Potrebbero farlo i piccoli editori di qualità raccogliendo la sfida. Neppure i giornali ne pubblicano più, come avveniva un tempo. “Odissea” è stato un caso a sé in questi oltre 11 anni di vita.
6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?
La vostra iniziativa è una di queste vie. Le letture pubbliche sono altrettanto importanti. Occorrerebbe che radio, riviste e giornali indipendenti tornassero a dare spazio a questa forma espressiva. L’aforisma è una vera e propria forma d’arte, difficile ma efficace. La sua perdita di centralità è un grave danno.
7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?
Questa roba non ha nulla a che fare con l’aforisma, anche se riconosco che ci sono degli slogan efficacissimi, a volte poetici e colti, ma, ripeto: lo slogan non ha niente a che vedere con l’aforisma, anche se ne condivide la brevità.
8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?
Sulla Rete c’è di tutto, come avviene sempre in una agorà libera e senza controlli. Questo è un bene. Il rischio è la mescolanza ibrida in cui non si distingue più ciò che è valido ed originale, e ciò che non lo è. Tuttavia preferisco questo eccesso: senza la Rete molti validi autori di aforismi non avrebbero alcun luogo per esprimersi e farsi leggere.
9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?
Ci sono delle frasi di vari autori che hanno modificato la mia esistenza e la mia moralità. La mia scrittura ne è stata influenzata, ma soprattutto i miei comportamenti pubblici.
10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?
Sono due le qualità fondamentali: la profondità di pensiero e la moralità. Se a questo si unisce la grazia di uno stile accattivante, allora è il massimo. Come lo si dice è altrettanto importante di ciò che si dice.
11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?
Le barzellette sono tutte anonime e rientrano in una sorta di patrimonio collettivo; ma le chiamiamo appunto barzellette. L’aforisma è una citazione in genere dotta, con un suo blasone di autorevolezza. L’autore è parte di questa autorevolezza, dunque è giusto che ne sia citato l’autore. Noi diciamo: “Seneca dice…”; oppure: “Come afferma Esopo…”. Vedete che l’autore non è un dettaglio marginale, ma fonte di credibilità di quel che si cita.
-12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?
La mia scrittura è piena di aforismi, basta leggere una commedia come “Tradimenti”, o un libro di racconti come “La signorina volentieri”. Se si va a cercarli in quanto ho pubblicato se ne potrà estrapolare una discreta quantità. Tuttavia ho una piccola raccolta che ogni tanto si arricchisce di qualche pensiero nuovo; si chiama Il lato estremo, e l’ho iniziata moltissimi anni fa. Chissà, magari come è accaduto con gli altri libri, primo o poi ci sarà qualcuno che se ne innamorerà e deciderà di editarli. Non sono moltissimi, un paio di centinaia, ma io sono esigente e parco allo stesso tempo.
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Bibliografia
Angelo Gaccione è nato a Cosenza. Narratore e drammaturgo ha pubblicato numerosi libri di saggi, racconti, aforismi e testi teatrali. Fra i più noti ricordiamo: Il sigaro in bocca, L’incendio di Roccabruna, Manhattan, Disarmo o barbarie (assieme a Carlo Cassola); L’immaginazione editoriale -Personaggi e progetti dell’editoria del secondo Novecento- (assieme a Raffaele Crovi); il best seller Lettere ad Azzurra, La striscia di cuoio considerata il suo capolavoro.
A Milano ha dedicato quattro libri di successo: Milano, la città e la memoria; La città narrata (tre edizioni); Poeti per Milano; Milano in versi.
Dopo un lungo silenzio editoriale, nel 2013 Gaccione ha pubblicato tutto il suo teatro in un unico volume “Ostaggi a teatro. Testi teatrali 1985-2007” in cui compaiono testi come: La porta del Sangue, Stupro, Tradimenti, Dal fondo, Pathos, Single, Hermana, La sedia vuota, Gesti senza parole, Ostaggi a teatro, La finzione, L’uomo che ha perso la voce, Lo sbaglio, La seduta. (Ferrari Editore); un’elegante edizione aggiornata di “Milano città narrata” (Meravigli Editrice) e la sua quinta raccolta di racconti “La signorina volentieri” (Oltre Edizioni). Notevole il suo impegno civile espresso anche attraverso un’ampia produzione saggistica. Vive e lavora a Milano, dove dirige il giornale di cultura “Odissea” a cui collaborano prestigiose firme della cultura italiana ed internazionale.