1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?
La capacità di cogliere le falle che si aprono nella realtà e di porle, senza cedere a ipocrite tentazioni consolatorie o fastidiose reticenze, all’attenzione del lettore. La tendenza a sollevare interrogativi di ordine universale e, contestualmente, l’indisponibilità ad offrire soluzioni. La lapidarietà insolente, il tono apodittico, l’irriducibile scetticismo.
2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?
I primi libri di aforismi che ho letto sono stati i Pensieri di Leopardi e le Massime di La Rochefoucault. Ma sarebbe bastato meno per avvicinarmi al genere.
3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?
I moralisti francesi del Sei e Settecento, Leopardi, Lichtenberg e, fra i moderni, Wilde, Kraus, Lec, Gomez Davila, Porchia, Caraco e soprattutto Cioran. Per rispondere alla seconda domanda: quelli che definiscono i rapporti – liberi al limite dell’ambiguità – tra questo genere letterario e la ‘verità’. Fra i tanti possibili, ne citerei almeno un paio: “L’aforisma non coincide mai con la verità: o è una mezza verità o una verità e
mezzo.” (Kraus); “L’aforisma: una verità detta in poche parole – epperò in modo da stupire più di una menzogna.” (Papini)
4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?
Fra quelle uscite recentemente, mi ha molto impressionato la silloge Non date le parole ai porci di Cesare Viviani. Ritengo che nei tempi lunghi il lavoro dell’AIPLA e degli organizzatori del premio Torino in sintesi darà i suoi frutti, considerando che nella loro orbita (fra membri della giuria e concorrenti) gravita un numero consistente di validi aforisti.
5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?
Mi sembra che le ragioni del fenomeno siano colte con grande acutezza nelle prime righe della presentazione, a firma di Anna Longoni, alla brillante silloge Una lama fra le nuvole dell’aforista ticinese Mario Postizzi (mi permetto di riportarne un brano): “Se la brevità sembra renderlo una delle espressioni letterarie più vicine alle forme di comunicazione di oggi, a porlo agli antipodi è la necessità di un lettore complice, capace di indugiare su testi che si consumano in poche righe e di sostare in quello spazio bianco che rappresenta il respiro essenziale della scrittura aforistica…”. Una difficoltà che penso sia sempre esistita, peraltro – anche se oggi è esacerbata dalla pochezza del contesto morale e sociale del nostro Paese. In questa prospettiva l’aforisma può offrire un contributo di rilievo nella creazione di una sacca di incoercibile resistenza culturale.
6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?
Per ascoltare un’intervista televisiva sull’aforisma con il prof. Gino Ruozzi – il maggiore studioso italiano di questo genere letterario – bisogna recuperare una trasmissione di qualche anno fa alla Televisione Svizzera. L’aforisma è considerato in Italia un genere secondario, ‘di nicchia’ (come dicono taluni), quasi una curiosità. Ovviamente si tratta di un giudizio destituito di ogni minimo fondamento critico. Superfluo (spero) specificare che con l’aforisma si possono dire cose altrettanto importanti che ricorrendo a un qualsiasi altro genere letterario. Aggiungo (in apparente contraddizione con quanto appena detto) che le 4-5 occasioni in cui ho assistito (o partecipato) a letture pubbliche di aforismi, i presenti hanno mostrato una curiosità e un interesse non convenzionali e in qualche caso si sono mostrati perfino sinceramente divertiti, probabilmente perché il carattere paradossale di questo genere letterario e la sua smagliante inclinazione al capovolgimento delle prospettive consuete presentano, anche, risvolti assai brillanti. Questo particolare aspetto, proprio dell’aforisma, dovrebbe suggerire la possibilità di concreti margini di crescita nella sua promozione fra i lettori comuni, almeno i più avvertiti.
7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…?
Fatte salve alcune felici eccezioni, che non vanno disconosciute (in questo senso l’amico Fabrizio Caramagna sta svolgendo un preziosissimo lavoro di scavo e di scoperta nell’ambiente di Twitter), l’aforisma si contrappone frontalmente alle varie forme sopraccitate, che ne rappresentano piuttosto la banalizzazione e, in definitiva, la negazione. Le somiglianze sono meramente esteriori, e si limitano alla brevità: il motto, lo slogan, la battuta si distinguono soprattutto per la loro premeditata, sistematica piattezza, beninteso funzionale allo scopo che si prefiggono, concepite come sono per penetrare nel numero più alto possibile di cervelli; l’aforisma si presenta in forma sempre problematica (proponendosi piuttosto di seminare dubbi che di trasmettere convinzioni), e per la complessità stessa della sua natura si preclude il favore della maggior parte dei lettori.
8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?
Avendovi accesso chiunque, in Internet prevalgono fatalmente sommarietà di analisi, povertà di argomentazioni, una costante sciatteria formale, semplificazioni odiose… Bisogna anche riconoscere che la Rete è uno strumento di ricerca e di informazione formidabile (che non sostituisce ma in qualche caso può integrare vantaggiosamente la lettura dei libri); come nel mondo reale, mischiato a tanto fango si possono trovare anche dei diamanti. Sono certo che uno spirito scaltrito riesca a individuarli con sicuro istinto.
9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?
Credo che lo scrittore di aforismi (o aspirante tale, come il sottoscritto) acquisisca col tempo l’abitudine a riflettere in modo puntiglioso sulle cose e sulle persone, e a ‘maturare’ interiormente, e chiarire a se stesso, una visione del mondo indipendente da qualsiasi condizionamento esterno.
10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?
Le stesse che deve possedere qualsiasi altro vero artista: in primo luogo, naturalmente, avere, sotto il profilo umano, qualche cosa da dire; secondariamente aver imparato a padroneggiare gli strumenti per farlo (dopo molti fallimenti, se occorre). Queste due doti da sole magari non bastano: ci vuole anche la fortuna (ché non di altro si tratta) di fonderle organicamente in un’opera, sia essa romanzo, commedia, poesia o anche ‘soltanto’ un aforisma di un paio di righe.
11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?
“Gli aforismi sono vasi che il lettore riempie con il suo vino”,
diceva Prezzolini. Nel mio piccolo, penso anch’io che l’intelligenza di un aforisma debba essere, in misura prevalente, quella che le presta il suo lettore. Detto questo, se capita – non fosse altro che per vanità personale – non mi dispiace essere citato come autore (un paio di volte su internet mi è anche capitato). Io con gli altri lo farei sempre: mi sembra, quanto meno, una forma elementare di correttezza.
– 12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?
Finora ne ho scritta e pubblicata solo una.
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Bibliografia
Amedeo Ansaldi è nato a Milano nel 1957. Abita sulla sponda piemontese del Lago Maggiore e di mestiere fa il traduttore. Oltre al Premio Torino in Sintesi, l’autore ha vinto nel 2014 il premio “Le Figure del Pensiero” (sezione aforismi) organizzato dalla Associazione Nazionale Pratiche Filosofiche di Certaldo. Recentemente i suoi aforismi sono apparsi nell’antologia bilingue italiano-inglese The New Italian Aphorists che è stata pubblicata negli Stati Uniti con il patrocinio della Associazione Italiana per l’Aforisma.
Ha pubblicato “Manuale di scetticismo”, Ediz. Puntoacapo.