Intervista a Giuseppe Savarino

giuseppe_savarino_

1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

Il limare è l’arte di chi conosce bene lo strumento che usa; sprecare le parole è come uccidere, non avere cioè rispetto dell’altro. Come diceva Baal Shem Tov, un individuo nasce con un numero stabilito di parole. Quando sono state tutte pronunciate quell’individuo muore. Mi piacerebbe che tutti fossero consapevoli di questo.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei
stato indotto a cimentarti in questo genere?

Le letture di Nietzsche e Cioran, due maestri in quest’arte. In realtà, l’aforisma in cui mi sono cimentato in massima parte appartiene solo a me, perché presenta gli stessi difetti della poesia quando è pubblicato: è riservato a pochi, tutti gli altri sono impostori o scansafatiche.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Cioran, Nietzsche, Gòmez Dàvila, Karl Kraus, La Rochefoucauld, Chamfort, Lichtenberg. Il mio meta-aforisma preferito è uno molto noto di Karl Kraus “L’aforisma non coincide mai con la verità; o è una mezza verità o una verità e mezzo”.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Mario Andrea Rigoni, Maria Luisa Spaziani, gli aforisti poetici (Alberto Casiraghi, ecc.). Nulla di sorprendente, come lo è quella serba, ad esempio. Manca di pathos.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Mancanza di marketing. Un giorno il consumo estemporaneo di aforismi esploderà (con molta probabilità sugli smartphone): è solo questione di tempo. Da quel momento passerò alla prosa.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Marketing. Da parte degli editori in primis, il resto lo farà l’idiozia umana.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

Si, deve assolutamente distinguersi in aforismi di qualità da un lato e di consumo dall’altro. Purtroppo la superficialità paga e il mercato economico si orienterà su quest’ultimo.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

La rete è un danno per la lettura, la letteratura, la memoria e l’intelligenza. Ma il danno maggiore lo subisce un’arte come l’aforisma o la poesia, alla portata di tutti, quindi degenerata.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Assolutamente sì, non li concepisco per uno scopo diverso da questo.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

La sofferenza ovvero la deferenza per le parole.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe
davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Nel Medioevo l’artista non era citato perché si riteneva che l’opera fosse “res nullius”, cosa di nessuno. Non siamo più nel Medioevo.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

Due.
Solo ciò che si smarrisce si può ritrovare.
Scrivere è ammettere una sconfitta: l’incapacità di rimanere in silenzio.

**

Bibliografia

Di formazione economica e amministrativa ma parallelamente filosofica e letteraria, Giuseppe Savarino nasce nel 1970 in un piccolo borgo della provincia di Agrigento, in Sicilia. Dopo il diploma di Ragioneria conseguito con il massimo di voti (grazie ad uno scritto su Erich Fromm) si trasferisce, per proseguire gli studi, a Pisa e poi a Palermo dove si laurea in Economia e Commercio. Insegna subito dopo materie economiche, matematiche, informatiche- anche privatamente. Nel frattempo approfondisce gli studi filosofici, sociologici, psicologici e storici. Abbandonata l’amata Palermo si trasferisce nel 1999 a Verona e infine a Milano, dove svolge da alcuni anni l’attività di consulente, in particolare sugli aspetti fiscali e sui processi organizzativi aziendali.

Dal 2011 collabora con diversi blog e riviste letterarie, anche cartacee, frequenta un Master di Editing professionale e gestisce il blog letterario “Letture critiche”, dedicato ai “classici del libero pensiero”. Dall’inizio del 2012 gestisce il blog Tutto Cioran, per approfondire gli studi sullo scrittore rumeno-francese Emil Cioran. Ha fondato a fine 2012 la rivista Filosofia e nuovi sentieri. Frequentatore assiduo di biblioteche e librerie, ama circondarsi di libri e di tanti aspetti dello scibile umano – di natura letteraria e scientifica – coltivando voracemente un faustiano interesse per la conoscenza, per la quale continuerà ostinatamente a rifiutare qualsiasi artificiosa frammentazione.

Dall’inizio del 2012 è socio dell’Associazione Italiana per l’Aforisma (AIPLA) e gestisce il blog Tutto Cioran (http://tuttocioran.com), dedicato interamente allo scrittore romeno – francese Emil Cioran.

E’ fondatore e redattore della rivista Filosofia e nuovi sentieri (http://filosofiaenuovisentieri.it).

Frequentatore assiduo di biblioteche e librerie, ama circondarsi di libri e di tanti aspetti dello scibile umano – di natura letteraria e scientifica – coltivando voracemente un faustiano interesse per la conoscenza, per la quale continuerà ostinatamente a rifiutare qualsiasi artificiosa frammentazione.

Intervista a Felice Bonalumi

felice_bonalumi_

1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?

E’ bene rivolgere questa domanda allo Spirito: è lui che indirizza l’ispirazione.

2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?

Montaigne ti segna per tutta la vita, soprattutto se hai 15-16 anni, non ricordo. Poi vengono gli altri. Per il secondo punto di domanda: una grande autostima.

3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali
e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?

Ho già citato Montaigne, ma c’è Cioran, La Rochefoucauld e poi ci aggiungo il nostro Ojetti che continuo a considerare un grande. Cito a memoria da Cioran: più che nella poesia (il che sarebbe romanticume, questo lo dico io) è nell’aforisma che la parola si avvicina a Dio.

4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?

Se qualche aforisma di oggi rimarrà, l’autore di quell’aforisma sarà un nuovo classico da aggiungere alla lista. Ma è possibile che per allora l’autore non sarà più da queste parti.

5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?

Esiste la parola marketing, ma è inglese.

6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?

Esiste la parola marketing, che viene dal latino mercatus.

7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?

L’aforisma apre, le altre forme chiudono.

8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che, piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?

Il problema non è la Grande Rete, sono i Grandi Stupidi che usano la Grande Rete.

9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?

Non mi sento maturo, per questo continuo a scrivere aforismi.

10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?

Vedere la vita dal di fuori.

11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe
davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?

Non contrariato, incazzato.

12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio ti rappresenta?

La prossima.

**

Bibliografia

Felice Bonalumi è laureato in Filosofia e in Lettere Moderne, professionista nel settore della comunicazione d’impresa e giornalista, ha insegnato in diverse Università. Ha collaborato con il quotidiano Avvenire, occupandosi di arte e ha al suo attivo la cura di diversi cataloghi fra cui, Giancarlo Cerri, Dalla figurazione all’astrazione, Cortina Arte Edizioni, 2010 e Antonio Tonelli, Un viaggiatore nel tempo, Gabriele Mazzotta, 2011. Fra le sue pubblicazioni: Scrivere e comunicare in azienda, Il Sole 24 Ore, 2002 e Scrittura in azienda (lettere, circolari, brochure, libretti illustrativi, comunicati stampa, e.mail), Il Sole 24 Ore, 2008 (entrambe con il prof. Mauro Pecchenino); Teodolinda, una regina per l’Europa, Edizioni San Paolo, 2006; Tutti gli uomini di Dio, raccolta di poesie, ExCogita, 2009; Insegnare con successo, La Scuola, 2012. Sue favole sono pubblicate in: Le fiabe di Valentina, acquerelli di Alberica Jacini, Valentina edizioni, 2002; Le Fiabe di Selvino, pubblicazione a cura del Comune di Selvino, 2006.
Ha al suo attivo diverse plaquettes per le Edizioni Pulcinoelefante e ha tradotto Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, con introduzione di Felice Bonalumi, Edizioni San Paolo, 2008; H. de Balzac, Un tenebroso affare, PaginaUno, 2014.

Inserito nella collettiva di aforismi Geografie minime, a cura di Sandro Montalto (Joker Edizioni, 2015). Ha collaborato e collabora a diverse riviste, in particolare PaginaUno.