1) Tra i molti generi letterari, cosa determina in te la predilezione per la “forma breve” e per l’aforisma in particolare?
Il fatto che la brevità è ciò che accomuna la vita alla morte: la linea di ‘sutura’ della verità.
2) Quando è avvenuto il tuo primo incontro “fatale” con l’aforisma? E da cosa sei stato indotto a cimentarti in questo genere?
Al liceo, durante e a causa della lettura di autori meno verbosi e più efficaci di quelli allora à la page. In particolare, Kraus, Seneca, La Rochefoucauld, alcuni frammenti sapienziali – ma anche le ‘frasi a effetto’ di libri altrimenti antiaforistici (Marx, Wilde, Nietzsche malgrado una fideisticamente creduta opposta apparenza. Nietzsche non è un vero aforista, come Pascal che però lo è già di più). Da vecchio (= nato) polemico, in luogo del cosiddetto diario cominciai ad annotare pensieri e tentativi, commenti e principi di successive esplosioni, quasi un ‘vulcano in prova’: così mi apparve la prosa. Il fatto che scrivessi canzoni, il cui testo, la cui vita anzi, è necessariamente breve, favorì il descensus definitivo nel nostro Infero.
3) Quali sono stati i grandi aforisti della letteratura classica che più ti sono congeniali
e che ti hanno eventualmente ispirato? Ci sono uno o più aforismi sull’aforisma che secondo te definiscono al meglio questo genere?
I francesi, da La Rochefoucauld (il cui vero capolavoro per la verità è un aforisma confinante con il saggio breve: L’autobiografia oggi compresa nelle Maximes), La Bruyére (per quanto un po’ troppo cortigiano), Balthasar Graciàn, sino ai grandi settecenteschi Vauvenargues, Chamfort e altri più schiettamente illuministi, poi Goethe, Kraus, Lec, l’Ecclesiaste e Giobbe, il Nietzsche delle poche opere ‘riviste’ (Aurora, la Gaia Scienza, Umano troppo Umano), e alcuni altri tedeschi (successivamente però: Lichtenberg, gli Schlegel, e in verità, nella tradizione antihegeliana, pressoché tutti da Schopenauer a Weininger a Kafka sino a Wittgenstein che del capostipite fu stravagante discepolo). Devo anche confidare che ad alcuni anni di distanza dal mio esordio privato (il quale, a differenza dal ‘linguaggio privato’ interdetto dai Viennesi, non è affatto impossibile, né sconsigliabile) cominciai a esaminarmi in qualità di critico, in un dialogo aspro e serrato ai limiti della finzione, e a questo debbo forse anche il mio parallelo accostamento alla prosa breve: narrativa, poetica e però forse ancor più a quella saggistica saggistica (il mio genere prediletto in assoluto: Valery, Alain, Borges, Emerson, Kafka…). In finis, non conosco, a parte alcuni miei personali, aforismi sull’aforisma, credo a causa del fatto che detto genere è il meno metalinguistico che si possa immaginare (io ho tirato un po’ la candela….), e a ragion veduta (se hai tre fiati da espirare, li dedichi alla mela, al serpente o alla fidanzata, non certo alla figura tautologica che il tuo alito
comporrà sul vetro al freddo della solitudine).
4) Ritieni che la letteratura aforistica contemporanea, in Italia, abbia dei rappresentanti in grado di raccogliere qualitativamente l’eredità dei nostri maestri del passato?
Senza arrossire (o facendolo inutilmente: da lontano non si vedrebbe) confesso di non poter rispondere, causa una pur non totale ignoranza dovuta alla mia idolatria del passato. Quel che posso attestare, per pura e incidentale evenienza, è che fra gli aforismi poetici quasi al confine con l’Haiku (genere che io stesso pratico da alcun tempo), mi hanno fatto sentire lettore puro, ingenuo, quasi sollazzato – e non sempre soltanto critico – alcuni componimenti duettali di Fabrizio Caramagna. Può sembrare piaggeria: forse lo è, o lo sarà stata.
5) A cosa ritieni sia dovuto il calo d’interesse verso l’aforisma, nei tempi recenti, da parte del mondo editoriale?
Al fatto che il mondo editoriale ha giocato con il pubblico il gioco traditore della staffetta, e che perciò il pubblico, come io previdi tra le dande e il ben donde della prima defezione politica, doppiandolo lo contagiò con il delirio più sommesso che si conosca: la passione ‘orgasmo-senza-fine-e-senza-verità’ del Romanzo (in un libro non aforistico mi permisi di ricordare che André Breton, a proposito dell’orrore causatogli dal romanzo qua tale, ebbe a notare che lui non avrebbe mai potuto, né in paradiso né all’inferno, leggere o forse rileggere una frase del tenore La marchesa uscì alle 5. Figuriamoci scriverla. Si consideri inoltre, e infine, che un ‘interesse per l’aforisma’ non c’è mai stato; che l’unico genere editoriale capace di sprone commerciale fu, è o sarà il Romanzo (e il suo equivalente melò, il Melodramma): e che prova scientifica di ciò vada ravvisata nel fatto che anche nell’ambito saggistico non destò mai passioni il suo genere sommo (Montaigne, Addison, Poe, Baudelaire, Alain, Borges, Valery, Lamb, Chesterton…) cioè il genere occasionale, fulmineo, subito decadente (può constare di una scintilla che rischiara l’Universo, però): ma il Trattato, il ponderoso e crociano Pappardello Universitario (in breve, l’eterna Tesi di Laurea) (si pensi che la Scienza è fatta di aforismi o scoperte o invenzioni, e che i trattati che la espongono denunziano l’espositore ben più che l’esposto. Un’eccezione? Il problema della conoscenza nella filosofia moderna e contemporanea dell’immortale Ernst Cassirer. Non a caso in Italia fu tradotto con un nome traditore: Storia della filosofia ecc ecc).
6) Esiste, a tuo avviso, una strada da percorrere perché l’aforisma torni a conquistare l’attenzione dei lettori, soprattutto quelli delle nuove generazioni? Quali azioni indicheresti?
a) Esercitazioni a cavallo fra la psicologia cognitiva e l’improvvisazione artistica,
e talune prassi dell’azione teatrale e scientifica confinanti con l’esperimento;
b) sessioni scientifiche in cui un conduttore esperto e dotato di una vanità sui generis sia in grado di farsi ascoltare E COMPRENDERE durante la divisione di un atomo: quanto dire dell’Indivisibile.
c) letture professionali condotte da lettori non professionisti (non attori, non speaker, non supervocioni… c’è un’allusione, ma non la rivelerò ore rotundo). Queste letture andrebbero condotte con tecniche di frammentazione, deframmentazione e restitutio in integrum del lacerato tessuto dell’attenzione, dell’ascolto e della conseguente intellezione.
7) A tuo avviso, l’aforisma può e deve distinguersi dalle varie forme di comunicazione “veloce” oggi tanto in voga come il tweet, lo slogan, la battuta, ecc…)?
…e mai fu vivo, esso è definitivamente morto nella sua succitata resurrezione; e proprio a causa delle forme ‘onnilazzariche’ che tu evochi: la mia risposta è nella tua domanda. (Malgré moi, il va de soi: da tempo vengo redigendo la sceneggiatura di uno spotterello in difesa dell’aforisma (ma nulla di ciò sarebbe presagibile in una descrizione verbale).
8) Ritieni che la Grande Rete possa aiutare la diffusione del buon aforisma o che,piuttosto, ne faciliti la degenerazione in forme superficiali e scorrette?
Il comune amico e insostituibile studioso Gino Ruozzi fu depredato da uno di questi piccolissimi sciacalli vegetariani (nella lodevole fattispecie del SUO Scrittori italiani di aforismi, 2 voll. I Meridiani Mondadori). Non se ne diede pena, onde noi gliene rendemmo merito. Gli è che il web non è che il Nulla vietato da Parmenide: un luogo in cui se non rubi non puoi nemmeno essere derubato (se non stupri non puoi nemmeno essere stuprato: e chissà cosa ne avresti tratto…). Il genius dell’aforisma consiste nel trasformare il bianco dell’interstizio tipografico in una sontuosa scenografia: come del resto il libro stesso, il più alto oggetto di decoro mai apparso sulla Terra (non sembra forse uno scrigno? Cioè l’ipostasi della anderseniana domanda: ma è vuoto? Nonché la sua salutare precedenza sul vezzo ontologico del C’è il Vuoto?). Il web opera all’inverso: prova a collocare non più un ragno nella rete, ma una rete nel ragno… c’è forse chiasmo più impossibile e assurdo? Forse Escher… Prova, ancora, a situare in qualsiasi ‘pagina’ web un L’origine è la meta, un L’uomo… questa creatura che io non avrei mai inventato… un L’uomo è nato libero e ovunque è in catene… un – sufficit: la cornice avrà vinto il dipinto (come già accadde, con profetica ipoteca della agonizzante sopravvivenza dell’intellettuale rive-reve gauche negli squarci (!!!) di Lucio Fontana… c’è forse bisogno di una cornice? No. Bastò il perdurante e aimè non più perturbante azzardo). Il web è in questo senso un regressus, non già a Segantini e ai suoi placidi, carducciani bovini, ma proprio al basto e alla cintura di castità di brutta fattura, chiave arrugginita, lucchetto ipertrofico e allusivamente supersostitutivo… Come pretendere che, non diremo un Casanova, ma un’Annabella, un Pippo Baudo o un Baudo Pippo si affatichi nel tentativo di forzarlo? E per scoprire poi cosa? L’Oriente di un vuoto da scatolette cinesi? E anche lui: si confronti l’Oriente dovuto a occidentali di nome Arthur Schopenauer (Il mio Oriente), André Malraux (La tentazione dell’occidente), Guido Gozzano (Vero la cuna del mondo), Paul Claudel (Conoscenza dell’est), da un lato, con quello, pur filologicamente pretto e graficamente rispettabilissimo, che di sé da profusione nelle migliaia di siti yogici, yayurvedici, veganici e oltre…).
9) Pensi che la tua esperienza personale, quale autore di aforismi, sia stata fonte di maturazione letteraria, intellettuale, umana? Altrimenti, può esserlo in qualche modo?
È stata la mia rovina: la mia salvezza.
10) Quali ritieni siano le migliori doti che deve avere un autentico aforista, oltre alla propensione per la sintesi?
Quella per l’analisi.
11) Ti senti contrariato se un aforisma di tuo conio viene pubblicato in contesti di pubblica lettura senza che sia citata la sua paternità? In sostanza: secondo te dovrebbe davvero, un aforisma, essere – come sostiene Maria Luisa Spaziani – “cosa volatile, spontanea, che nasce come un fiore e non esige alcuna sigla di origine”?
La penso in modo originariamente, diametralmente e irrimediabilmente opposto alla Spaziani. L’aforisma è lo stigma, il crisma e il signum genii. Dovrebbe egli designatum trascorrere, oltre che una vita di stenti e persecutorie illazioni, anche un’esistenza anonima? “Il solo ‘fatto’ in grado di certificarti presente è che sarai passato; che lo sarai stato: e ciò a causa e soltanto a causa del tuo nome. Alla faccia dei tuoi anonimi Omonimi” (Roberto Morpurgo, ad hoc et ad personam Annae per il Questionario, già trascritto nel vol. 11 inedito dei Pregiudizi della libertà).
12) C’è una tua silloge, pubblicata o meno, alla quale ti senti più legato perché meglio
ti rappresenta?
Sì, Gli Uccelli di Borges, che è in realtà un libro inedito, in parte noto perché ottenne una selezione con relativa presentazione e lettura pubblica al PremioMontano (Verona 2013), ed è ora antologizzato in forma ampia e critica su Italian Poetry Review (dir. Paolo Valesio, ed. SEF Firenze) n° del 2015. Si tratta di un centinaio di pagine esegetiche su Jorge Luis Borges, in particolare e anzi pressoché esclusivamente sul suo piccolo e inestimabile capolavoro Argumentum Ornitologicum (in L’Artefice, 1960).
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Bibliografia
Roberto Morpurgo (Milano, 1959) è laureato in filosofia e scrive poesie, aforismi, racconti, soggetti cinematografici, pièces teatrali. In campo cinematografico ha collaborato fra gli altri con la Provincia di Milano, l’Arci Cinema, l’Obraz Cinestudio e la Scuola di Cinema della Regione Lombardia. In campo teatrale ha lavorato fra gli altri con il Teatro Universitario di Richard Gordon, con la RSI (Radio Svizzera Italiana), con i teatri Tordinona di Roma e San Carluccio di Napoli. In campo musicale ha scritto canzoni (musiche e testi) e lavorato per la Ricordi. Dal 2004 al 2008 ha curato la rubrica di politica e sociologia Punto di Fuga per il quindicinale “Orizzonti Nuovi”. È stato conferenziere su temi filosofico-letterari per Filosofia sui Navigli e per l’Associazione Leonardiani (Milano). Si occupa attivamente di consulenza filosofica sia per gruppi privati sia per associazioni e aziende. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti a concorsi letterari e drammaturgici: fra gli altri, il primo premio al concorso nazionale Garcia Lorca 2008 con L’azzurro del mare (poesie, Joker 2007, collana I Lapislazzuli), che ha vinto anche il1 Premio della Giuria al concorso internazionale Città di Salò 2008 e è giunto finalista al Premio di Poesia Città di Recco 2008; il primo premio al concorso nazionale Fermento Teatrale 2007 (Idea Scena, Roma), con L’Autoritratto (atto unico poi rappresentato a Milano dal vivo e alla RSI di Lugano con la regia dell’autore, calendarizzato per il ciclo Teatro al buio – stagione 2011-12 dall’Istituto dei ciechi di Milano, e per L’Unitas di Lugano nel 2014), la selezione fra i testi rappresentati nelle rassegne Schegge d’autore (Roma 2008) e La corte della formica – Teatro a vapore (Napoli 2008) con l’atto unico L’Isola, la selezione fra i testi rappresentati nella rassegna Schegge d’autore con il monologo Bogey (Roma 2009) e gli atti unici L’Appello (Roma 2010), Pioggerellina nella stanza (Roma 2011), L’Intervista (Roma 2012) (di queste pièces è stato anche regista, facendo ottenere a Napoli nel 2008 e a Roma nel 2011 riconoscimenti ai suoi attori e attrici), Marea (2013) la selezione al festival Diversamente Stabili con il microdramma Senza Busta e l’atto unico Verrà – non verrà (allestiti a cura della compagnia Gnut per il teatro Manhattan di Roma, rispettivamente nell’ottobre-novembre 2011 e nel febbraio-marzo 2012), il premio speciale della giuria al concorso nazionale Nicola Moscardelli 2007 per l’inedito El Djablo – Fantasie spagnole (racconti, uscita prevista per novembre 2009 con Puntoacapo Editrice), il terzo posto al concorso nazionale Città dei Sassi per il saggio La dottrina del miracolo in David Hume. Ha pubblicato poesie, articoli e racconti su riviste (Persone & Conoscenze, La Mosca, Tam-Tam, Carmina, Cortocircuito, Don Chisciotte, Inchiostro, UT…) e siti letterari (Il salice narrante, l’Attenzione, Via delle belle donne, Farapoesia…), e i volumi Pregiudizi della libertà I (aforismi, Joker 2006, collana Athanor), menzione speciale della giuria al Premio internazionale per l’Aforisma Torino in sintesi 2008 e 2010), El Djablo – Fantasie spagnole (Puntoacapo editrice collana Passi) e Sette racconti brevi – Fara Edizioni (Rimini) – nell’antologia La forza delle parole (terzo premio ex aequo del concorso Pubblica con noi 2012). Nel 2013 sempre per Fara appare La colpa di Kafka e altri racconti (in Scelte Vincenti). Nel 2012 ha ottenuto il primo posto al concorso La vita in prosa (PI-AL) con il racconto Muette, edito da Puntoacapo. Nel 2013 è uscito L’Autoritratto (Falsopiano, a cura di Massimo Marino), e L’Intervista (atto unico, in antologia Puntoacapo 2013). Sempre per Puntoacapo dirige le collane Il Porcospino (drammaturgia e arti sceniche) e L’Istrice (aforistica e prosa breve). Nel 2014 sono usciti Pregiudizi della libertà I-II (Puntoacapo, pref. Gino Ruozzi, postfaz. Raffaele Liucci), L’ombra del cormorano (silloge di poesia, PaC), Morte del pensatore e Un segreto di Kant (Dedalus), e Marea (atto unico – PaC). Nel 2015 è vincitore del Premio internazionale Città di Como con Pregiudizi della libertà I-II nella sezione I Luminosi (Aforismi e prosa breve). Svolge la professione di docente e consulente nelle aree della formazione, comunicazione e ricerca psico-sociologica.