Piero Buscioni, Nota bibliografica
Piero Buscioni è nato a Firenze il 6 dicembre del 1973 a un quarto a mezzanotte, ed abita tra Pistoia e Serravalle. Allievo del Liceo Classico pistoiese Forteguerri, si laurea con Marino Biondi, il Grande Romagnolo, presso la facoltà fiorentina di Lettere e Filosofia, in “Storia della critica e della storiografia letteraria”. Insegna, senza fissa dimora, da quasi tre lustri; lingua mortal non dice la magia che, fino ad ora, è stata per lui la scuola. Aforista, poeta e autore di saggi, collabora con “il Portolano”, e ha collaborato con “Paletot” fin quando la rivista è uscita. Ha anche scritto, tra l’altro, su “Nuova Antologia”, “Caffè Michelangiolo”, “Hebenon”, “La Clessidra”. Suoi aforismi sono stati scelti da Guido Ceronetti per il quotidiano “La Stampa”, e una sua poesia è stata inclusa da Roberto Mussapi in un florilegio apparso sui “Luoghi dell’infinito” che comprende anche alcuni grandi poeti del
nostro novecento.
Nel 2000, per Aleph, pubblica Il rabdomante delle acque di Siloe. Saggio su Arrigo Levasti; per Gli Ori escono l’antologia Tributo minimo al novecento italiano in sedici schegge di prosa (2004) e Parole per un altro amore. Scritti sul cinema, con prefazione di Marco Guzzi (2013). Nel 2009 esce il libro di poesie Fa’ luce ti prego fino all’anima (I Quaderni del Battello Ebbro). Nel 2003 ha fondato a Firenze la rivista “il Fuoco” (Polistampa), diretta fino al 2015, anno della sua estinzione. È tra i curatori del volume L’inno che lacera i cortili. Per i sessant’anni di Roberto Carifi. Nel 2012, con la silloge Breviario di scherno e pietà, vince il premio internazionale per l’aforisma “Torino in sintesi” (sezione inediti). Con altre due sillogi figura nell’antologia bilingue The new italian aphorists ( Charleston, USA, 2013) e nell’antologia italiana Geografie minime (Joker, 2015). Sempre per Joker esce, nel 2018, il libro Aforismi per la fine del mondo.
È il massimo ermeneuta al mondo di Maradona. Ha un cane di nome Plotino e un gatto di nome Frodo; Baggins di cognome.
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Aforismi di Piero Buscioni
L’Italia è una repubblica fondata sul calcio e sui giochi a premi.
Lo strutturalismo sta alla letteratura come l’autopsia alla resurrezione dei corpi.
Essere colti significa aver imparato a non leggere l’ultimo libro che esce.
L’ottimismo è una cosa straordinaria. Occorre tuttavia stabilire se non sia determinato dall’imbecillità.
Scrittore timido, indolente, modesto o austero, l’aforista è per certo uno scrittore. Cosa che non tutti gli scrittori sono.
Più che l’ateismo dell’uomo, a preoccuparmi è il possibile anantropismo di dio.
Dei miei aforismi, quelli che sono capiti, sono anche giustamente apprezzati.
La donna ha un destino ben più alto che quello di emanciparsi: fa sì che la terra e il cielo si diano la mano.
E così gli uomini discenderebbero dalle scimmie? E ancora più remotamente dai girini? Alcuni senza dubbio. Io certamente no. Al di là di questo, comunque, il problema non è solo da cosa si discende ma altresì a cosa si ascende. E questo vale per gli uomini, per le scimmie e finanche per i girini.
Senza contare che, a forza di pensare i nostri progenitori come girini o come scimmie, si corre il rischio di tornare scimmie, se non addirittura girini.
Quasi tutti vivono soltanto per ammazzare il tempo, ma, naturalmente, riescono solo a tramortirlo. E il tempo, non appena si riprende, li ammazza.
Che destino il mio: essere costretto a scegliere gli aforismi peggiori per non umiliare nessuno, e malgrado ciò umiliare comunque!
Col sangue degli artisti gli studiosi dovrebbero fare abluzioni. Invece, ci si fanno una carriera.
Le donne non bisogna soltanto capirle, ma anche e soprattutto carpirle. Il problema è che, ai migliori, sempre ebbri di noluntas, tende a mancare precisamente questa volontà.
Se fosse per i poeti – si dice – il mondo non andrebbe avanti. Ma infatti non dovrebbe andare avanti.
Chi è l’artistoide? Uno che si fa tutta l’arte addosso.
Se anche la poesia non volesse più uscire con me, potrei comunque vantarmi di averci trascorso qualche bella serata, a differenza di tanti che dichiarano di averla sposata quando in realtà non hanno mai avuto il privilegio di offrirle neanche un caffè.
Non manca mai qualcuno pronto ad asciugarti un sorriso.
Quando incontro qualcuno faccio subito una battuta: è la cauzione che pago per allontanarmi.
Oggi gli scrittori hanno un perspicuo talento; cercare i contatti giusti. Peccato che gli unici contatti giusti siano quelli con gli dèi.
Essere uomini, e segnatamente artisti, significa versare il balsamo dell’infinito sulla carne martoriata dei giorni.
Dobbiamo riconoscere a Dio almeno una qualità: la riservatezza.
La tecnologia in sé non è né buona né cattiva. Dipende da come ti usa.
Io non cerco mai il paradosso; e addirittura capita che, incontrandolo per strada, faccia finta di non vederlo. Ma è lui che, ogni volta, si ostina a rivolgermi la parola. Parola che poi terrei volentieri per me, se quello non mi obbligasse a rivolgerla a qualcun altro.
La decadenza del mondo è un sintomo della decadenza del linguaggio.
Un tempo la filosofia interpretava il mondo. Poi intese cambiarlo. Adesso, semplicemente, si tratta di dargli l’estrema unzione.
Definiamo borghese chiunque preferisca abitare i sobborghi dello spirito, anziché i suoi inespugnabili castelli.
Capita che nessuno ci addolori come chi vuol renderci partecipi della sua felicità.
Si può comprendere ed amare ciò che è caduco, solo se esiste l’eterno, e ad esso aneliamo. Si può anelare all’eterno, solo conoscendo e disperatamente amando ciò che è caduco. L’assoluto e il transeunte, il finito e l’infinito, l’uno senza l’altro sono niente.
Per certuni è difficile amare, perché è difficile trovare qualcuno che valga più della loro solitudine.
Per quanto grande possa essere la nostra disperazione, la vita è sempre un po’ più grande.